Io, Lady Gaga e i giovani d’oggi

Io ignoro chi sia Lady Gaga, e coltivo con cura questa lacuna culturale. Non l’ho mai vista (o visto? io uso il femminile, e non avvertitemi se è sbagliato) nemmeno su YouTube; non voglio sapere se quella canzone che mettono sempre alla radio è la sua. Il mio non è snobismo. A me in realtà piacerebbe tanto sapere chi sia Lady Gaga, ma cerco di trattenermi dal googlarlo con le virgolette, che sarebbe così facile.

La ragione è un’altra: io non cerco Lady Gaga, ma spesso è lei che trova me. Negli articoli che leggo se ne parla spesso: “Miss Pimpy, la nuova Lady Gaga”, “Lady Gaga ha rubato l’identità”, “Lady Gaga cantò in Abruzzo quando non era ancora famosa”. Con queste frasi smozzicate, citazioni, interviste a parenti di sue amiche, mi sono costruito una mia idea di Lady Gaga in continuo aggiornamento. Nella mia vita, ho creduto ad una Lady Gaga spogliarellista, emigrata, cantante, G,L,B,T, Q, un fake, JT Leroy, americana, italiana, tedesca, americano, italiano, tedesco. Un po’ come gli dei degli infiniti universi paralleli di Don Pizzarro. Ogni volta che aggiungo un particolare alla mia personale Lady Gaga ne escludo un altro, e capisco quali luoghi comuni sulla cultura pop ho in testa, quali non ho più e quali dovrei avere.

Faccio questo gioco perché credo che si possa campare bene anche senza conoscere Lady Gaga, e che invece sia importante sapere cosa faccia la cultura pop al nostro cervello. Sapere che abbiamo dei limiti: non possiamo sapere cosa voglia dire DFW, come funziona il mercato delle droghe davanti alle scuole, come si campa con il lavoro nero nel nord-est, chi domini la scena glitch ungherese e quale sarà il prossimo crack del calciomercato. Non bastano le notti su internet a tenere il passo: anzi, ci allontanano dalla realtà più spesso di quanto pensiamo. Inutile seguire gli rss di Lady Gaga, dunque: è meglio sapere di non sapere, e quanto e come. A me aiuta a fare meno brutte figure con i miei studenti, perché li ascolto di più e imparo qualcosa.

Leonardo ha scritto un bel post per dire che i culti giovanili in realtà sono più adatti ai quarantenni. I miti strettamente riservati ai teenager, dice Leonardo, sono fondi di magazzino: roba come i Tokio Hotel, buona appena per i diari di settembre alla Conad. Anzi, dice: non ci sono più i teenager di una volta, con i loro simboli indecifrabili, i versi incomprensibili. Non ci sono più quei giovani che ballavano la musica che gli adulti non capivano, dal rock&roll alla techno. Ora, se va bene, si appassionano ai braccialetti dell’estate. Che già in ottobre piacciono più alle loro madri che a loro. Non riusciamo a vendergli niente più di questo, conclude Leonardo, e per il resto ascoltano Lady Gaga gratis su YouTube. Poveracci.

Proviamo a ribaltare la questione, però: non è che non ci sono più i pubblicitari di una volta? Forse siamo noi quarantenni a credere che ai bimbominkia piacciano solo braccialetti e Tokio Hotel perché l’unico modo che abbiamo per comunicare con loro è vendergli qualcosa. Le paghette, con la crisi, sono in deciso ribasso. Nella mia scuola ho notato un’abitudine diffusa: i sedicenni comprano il tabacco sfuso, le cartine corte (corte!) e si dividono una sigaretta in tre prima delle otto e mezza. Per un bel po’, temo, sarà così: l’Italia si avvicina alla Libia, non alla Scandinavia. Perciò, non basterà mappare i consumi dei giovani per capirli. Era il boom economico a illuderci: le generazioni che venivano dopo compravano sempre di più, urlavano canzoni, esibivano pubblicamente pantaloni e giacche di piuma d’oca. I matusa si lamentavano, ma c’era qualcuno (il pubblicitario) che si incaricava della mediazione culturale. Era facile, bastava guardare le vetrine e i marciapiedi del centro il sabato pomeriggio.

Oggi non basta. E non serve a niente illuderci che i bimbominkia sbavino per Lady Gaga, poveri scemi. Il video di Lady Gaga (Lady Gaga fa i video?) forse è la pagina che ha lasciato aperta papà la sera prima sul pc: i tredicenni guardano le cose 5 secondi e le imparano a memoria, ma non è detto che vi si siano appassionati. Sappiamo poco, noi quarantenni, su ciò che piace a loro. Ma crediamo di sapere tutto quello che c’è da sapere: Tokio Hotel, Lady Gaga, braccialetti e poco altro. Non è tutto lì: c’è la sigaretta divisa in tre, e c’è la cartina corta. Occhio.

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