La scoperta dell’acqua fredda

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I canali di Schiaparelli. Un po’ troppo dritti.

Con il solito senso dello spettacolo, l’Agenzia Spaziale Statunitense (NASA) ha annunciato di aver trovato indizi secondo cui su Marte scorre acqua “salata”, cioè contenente perclorati. L’annuncio è arrivato durante un’attesa conferenza stampa, annunciata con largo anticipo per ottenere la migliore audience internazionale. La Nasa ormai ci ha abituato a questi colpi ad effetto, capaci di trasformare una scoperta “minore” in un avvenimento mediatico globale.

La scoperta dell’acqua marziana è stata realizzata grazie allo spettrometro HiRise, messo a punto all’università dell’Arizona. Le immagini ottenute da HiRise mostrano un gran numero di solchi scavati sulle pendenze dei crateri marziani, in cui sono depositati sali di possibile origine fluviale. Secondo gli scienziati Nasa (e delle numerose università che hanno contribuito alla missione) l’acqua è attualmente presente su Marte, solo che evapora durante l’estate.

La scoperta dell’acqua su Marte non è un’assoluta novità. Immagini che dimostravano che quei solchi sono fiumi in secca furono ottenute già quasi dieci anni fa da altre sonde. In questi anni, però, le tecnologie di analisi sono molto migliorate e i dati di oggi sono più accurati. Per questo la Nasa oggi parla di “scoperta” (finding) e non di semplice ipotesi. La teoria dei canali su Marte, poi, circolava anche tra gli astronomi dei secoli passati. L’italiano Schiaparelli ne parlò già nel 1877, dopo averli osservati col telescopio. Per colpa di una cattiva traduzione (da “channels” a “canal”, che significa “canale artificiale”) i canali divennero il presunto lascito di una civiltà marziana.

Oggi le aspettative sono molto ridimensionate, ma l’acqua marziana interessa gli astronomi per un motivo analogo. Essa è ritenuta un ingrediente fondamentale dello sviluppo della vita sulla terra a causa delle sue peculiarità fisiche. Ad esempio, l’acqua ha la particolarità di diventare meno densa quando congela. Per convincersi, basta pensare ai cubetti di ghiaccio che galleggiano nell’acqua. Grazie a questa proprietà, gli organismi che abitano mari e laghi ghiacciati sopravvivono, in quanto al di sotto della crosta solida l’acqua mantiene una temperatura accettabile.

Il problema è che nella regione del sistema solare in cui si trova Marte, cioè a quelle condizioni termiche, l’acqua non dovrebbe trovarsi allo stato liquido – questo è il criterio con cui si definisce la “zona abitabile” di un sistema di pianeti che ruota intorno a una stella. È in quella zona che si cercano i pianeti extrasolari più “interessanti”, perché potrebbero ospitare vita. E Marte è considerato esterno a quella fascia di abitabilità. La scoperta di oggi cambia un po’ le carte. La presenza di sali, com’è noto, può modificare il comportamento dell’acqua consentendole di rimanere liquida – almeno temporaneamente – anche fuori da quella fascia. I pianeti con potenziale vita extraterrestre, per usare il linguaggio immaginifico della Nasa, potrebbero essere molto più numerosi. Festeggeranno gli ufologi. I dipendenti dell’ufficio stampa della Nasa, un po’ meno.

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