Napolitano non ha firmato il DDL sul lavoro che prevedeva, nella sostanza, l’aggiramento dell’articolo 18 nei casi di licenziamento senza giusta causa, attraverso un arbitrato. Insomma, una buona notizia. Però il DDL conteneva un altro provvedimento relativo al lavoro di ricerca nelle università.
Piccola premessa: i tagli all’università prevedono che per sostituire chi va in pensione si possano assumere ricercatori a tempo determinato o indeterminato senza distinzioni. E, come si sa, quando si può scegliere tra un contratto precario e uno stabile, i baroni non ci pensano due volte. Nel DDL sul lavoro era stata introdotta una modifica, in uno dei rari casi in cui il PD aveva sconfitto in aula la maggioranza. Secondo l’emendamento i soldi derivati dai pensionamenti dovevano essere investiti tutti in posti stabili. Ora, con la bocciatura del DDL, torna la possibilità di sostituire lavoro stabile con lavoro precario. E non è una buona notizia (per me, almeno).
Pare una bazzecola, vero? In Francia, contro una misura praticamente identica, si era sollevato l’intero mondo della ricerca fino alle dimissioni di tutti i direttori di ricerca del CNRS. Vedremo.