Professore, la Finlandia copia!

Basta con le mate­rie. Non si andrà più a lezione di mate­ma­tica, sto­ria, inglese e così via. Si stu­dierà per argo­menti inter­di­sci­pli­nari come «Il tempo in Europa», in cui le lin­gue stra­niere e la geo­gra­fia si impa­rano nella stessa ora.

Dove suc­ce­derà? In Fin­lan­dia, la «solita» Fin­lan­dia. Ormai nelle scuola la chia­mano così. Per­ché ogni volta che si discute di come miglio­rare le nostre scuole, c’è sem­pre qual­cuno che cita il paese di Babbo Natale come modello da seguire. Da anni, gli alunni fin­lan­desi si piaz­zano ai primi posti delle clas­si­fi­che mon­diali per livelli di appren­di­mento, men­tre i nostri arran­cano nelle posi­zioni medio-basse. Le scuole fin­lan­desi sono diven­tate meta di pel­le­gri­nag­gio per gli esperti di didat­tica di tutto il mondo, alla ricerca dell’arma segreta.

I soldi, certo, con­tano. La Fin­lan­dia inve­ste nell’istruzione circa il 7 per cento del Pil, con­tro il 4 per cento dell’Italia. Ma in ter­mini asso­luti non ci sono grandi dif­fe­renze: se si esa­mi­nano gli inve­sti­menti per stu­dente esclu­dendo l’università, entrambi i paesi sono alli­neati nei pressi della media Osce. Se si osserva l’organizzazione del sistema, invece, le distanze aumen­tano. Le scuole fin­lan­desi sono pic­cole, gestite in grande auto­no­mia ma con un clima col­la­bo­ra­tivo tra docenti, pre­sidi, alunni e fami­glie. Niente test Invalsi e mas­sima libertà sulla defi­ni­zione dei pro­grammi di studio.

Dalle cono­scenze alle competenze
Tal­volta può ricor­dare la scuola «Mary­lin Mon­roe» del film «Bianca» di Nanni Moretti. Per esem­pio la deci­sione di abban­do­nare l’insegnamento della scrit­tura a mano in favore della tastiera del com­pu­ter a molti è sem­brato un inu­tile nuo­vi­smo. Anche la nuova pro­po­sta di abo­lire le mate­rie non riscuote apprez­za­menti una­nimi nella stessa Fin­lan­dia. Ma il governo non ha fretta: del resto, ogni cam­bia­mento, sin dalla riforma del 1972 da cui è par­tito il rilan­cio fin­lan­dese, è stato attuato con estrema gra­dua­lità e costanza.

In realtà, l’innovazione di cui si sta discu­tendo oggi non è poi così rivo­lu­zio­na­ria. Per­sino in Ita­lia, i fami­ge­rati pro­grammi mini­ste­riali sono stati abo­liti già nel 2010 dalla riforma Gel­mini, in favore di più fles­si­bili «indi­ca­zioni nazio­nali» (continua sul sito del Manifesto, dove farsi un account è gratis).

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