Io sono tra quelli che tra condannare o solidarizzare con chi sfascia i bancomat e fa a botte con la polizia – dovendo scegliere – preferisce la seconda (pur se faccio altro, potendo scegliere). Ma non perché i problemi sociali non sono semplici questioni di ordine pubblico, e dietro la rabbia c’è un disagio che non bisogna trascurare. Certo, questi argomenti sono veri e comodi, tanto che li adopera anche Manganelli per difendere i suoi celerini. Però valgono pure per i camorristi: anche dietro la loro violenza c’è disagio, però non solidarizzerei con loro (dovendo scegliere).
Dunque, il motivo vero è un altro, e secondo me non sono il solo (per quello lo scrivo, altrimenti sticazzi). Solidarizzo perché penso che tra usare violenza contro un bancomat, cioè una “cosa”, e contro una persona inerme ci sia una differenza irriducibile che quasi tutti stanno dimenticando. E perché credo che l’unico discrimine secondo cui giustificare o meno certi atti sia questo: se è il più forte che se la prende col più debole (come avviene quasi sempre) o, per una volta, il contrario. Sbaglio?
ps: poi magari bisogna discutere su cosa vuol dire “forte” e “debole”: non ci si può dire “deboli” per autocertificazione.
4 Commenti
E comunque un bancomat rotto diventa ancora più forte: sei mai riuscito a convincere un bancomat fuori servizio a darti i soldi (tuoi)?
Non lo avevo letto, giuro. Alessandra Daniele è un genio, come affermo da tempi non sospetti.
qui è scritta più o meno la stessa cosa, usando più parole: http://www.carmillaonline.com/archives/2010/12/003722.html#003722
ma tra il bancomat e il manifestante chi è il più forte?