A buon intenditore

Gli spari, lo schiavismo, la clandestinità utile, la ‘ndrangheta, il razzismo, o meglio, la lotta tra poveri  (perché un calabrese non può essere "ideologicamente" razzista, ma è un discorso lungo). Tutte cose che conoscevano tutti: chi doveva prevenire e anche noi, che della prevenzione non abbiamo né l’onere né l’onore. Scandalizzarsi per queste cose oggi è un po’ un esercizio di stile.

Quello che secondo me dovrebbe stupire è la risposta dello Stato, a Rosarno: una comunità si dà alla caccia al negro, e lo Stato interviene per portare via i negri di corsa, come se fossero stati sorpresi da un’alluvione. Nessuno in divisa o con un tricolore a tracolla ha sentito il dovere, anche solo di facciata, di dire: "Siamo uno Stato democratico, qui nessuno spara su qualcun altro perché è negro. Quindi prima proteggiamo i negri, e poi si ragiona". No. Non vale più nemmeno la distinzione tra "regolari" e "clandestini", con cui ci hanno scassato la minchia fino a ieri: li hanno portati via in quanto "negri". È come se l’arbitro espellesse Balotelli perché i tifosi sono razzisti.

Ora, a Coccaglio, sanno quel che devono fare per mandar via i negri.

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