Eureka, i precari della ricerca

Ieri c'è stata una manifestazione (un migliaio di persone) al ministero dell'economia. Erano precari della ricerca, co.co.co.-assegnisti-docenti a contratto-tiddì, che lavorano nelle università e negli enti di ricerca. Sì, lo so: non sono minatori né forzati del call center. Ma proprio per il pregiudizio secondo cui l'ambiente della ricerca è privilegiato, le violazioni dei diritti sono tollerate molto di più da lavoratori addestrati a non percepirsi tali. Sono riusciti anche a farsi ricevere ed ascoltare dal blindatissimo ministero dell'economia. Senza farsi deviare verso i sottosegretari incaricati proprio di impedire che le proteste arrivino da Padoa-Schioppa (il manovratore da non disturbare). La giornata è stata un piccolo evento, a saper leggere tra le righe. 

1. L'iniziativa nasceva da tanti precari della ricerca che qua e là hanno formato coordinamenti collettivi associazioni per difendere i propri diritti. Gruppetti che poi interagiscono anche con strutture sindacali, confederali o di base. Ma quello che non hanno saputo fare le strutture più robuste, portarli in piazza insieme, è avvenuto grazie ad un altro fattore di coesione: la capacità di usare un linguaggio che ognuno ha sentito immediatamente "comune". Così, anche chi conosce e addirittura ha preso la tessera di organizzazioni più grandi ha partecipato e aderito ad un'iniziativa nata senza identità costituite e che aveva tutto da perdere. E la maggior parte delle persone presenti non avevano alcuna esperienza politica di mobilitazione.

2. Le organizzazioni sindacali potevano ignorare l'iniziativa. Non nasceva da loro, e rischiava di portarli in piazza con i "rivali". Invece si sono dovute accodare tutte insieme, buone buone, per dimostrare che c'erano anche loro. Uno arrivava in piazza e trovava insieme le bandiere di RdB e della CGIL, che di norma di sabotano a vicenda a colpi di veti (spesso con legittime motivazioni). Quando le iniziative sindacali si sviluppano in questo modo, tanti discorsi sull'autonomia sull'identità etc. saltano: vedere le bandiere sindacali in piazza, buoni buoni da una parte per non disturbare manovrare o recuperare, fa anche piacere. 

3. Farsi ricevere in un ministero così potente è più o meno un inutile rito, nella sostanza. Ma anche la forma ha un significato politico. La rappresentanza di una manifestazione confederale, ad esempio, viene ricevuta volentieri: tra i confederali e il governo c'è la "concertazione" e a entrambi conviene il riconoscimento della controparte. Un sindacato di base viene ricevuto con difficoltà, perché il governo non vuole dar loro legittimità. Ai sindacati di base vengono deliberatamente sottratti diritti elementari di democrazia sindacale. Ma in molte occasioni, come uno sciopero generale, ignorarli è impossibile, anche perché in molti settori anche sindacati come RdB siedono ai tavoli di contrattazione. In ogni caso, si tratta di incontri con due o tre funzionari sindacali.

Una manifestazione come quella di ieri, invece, non dà punti di riferimento ai difensori come l'attacco della Roma: Totti non è un vero centravanti, e in area arrivano i corridori del centrocampo (Taddei, Perrotta, Mancini). Non ha nessuna identità precostituita e addirittura relega nelle retroguardie chi ce l'ha. Poi si tratta di mille precari della ricerca: possono essere tranquillamente ignorati. Invece ieri il ministero ha dovuto ricevere una delegazione di dieci persone (qualcuna dopo qualche sotterfugio ai tornelli 😉 ma non c'era nessun sindacato), abbastanza ampia da rappresentare l'eterogeneità della piazza senza portavoce. E tutti smaniavano per andare a dire la loro, e chi ha potuto l'ha fatto. Magari fino a ieri avevano fatto solo un intervento in un'assemblea di dieci persone, che già può far inciampare le parole. Invece ieri hanno avuto tutti le idee chiare. 

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