I tornelli

Gli stadi italiani si desertificano. In leggerissima controtendenza, io ho invece scelto proprio il campionato 2006/07 per andare allo stadio per vedere una partita per la prima volta in vita mia. E'  stato forse il momento meno significativo del campionato della Roma, l'Ascoli all'Olimpico in un'infrasettimanale serale. Proprio per quello mi sono ritrovato l'abbonamento di un amico in mano.

Provo una certa paranoia immaginando agguati, violenza e repressione già a molti chilometri dall'Olimpico. Io dello stadio conosco solo la versione catodica. Tra l'altro, le tecnologie in uso sono note a tutta la città, dal decreto Pisanu in poi: i tornelli, gli abbonamenti elettronici, le videocamere. E io come farò a presentarmi allo Stadio, con la faccia di un altro sulla tessera e con altri documenti in tasca? Chi mi presta l'abbonamento mi racconta la procedura regolare. La delega dell'abbonato firmata e faxata ad un Roma Club per tempo, e ormai è tardi; ma mi spiega che basta fare il vago, e in caso di controlli cercare di evitare le guardie e di buttarmi sugli addetti alla sicurezza, o forse il contrario: nessuno mi chiederà niente.

La situazione intorno allo Stadio è più annoiata che mai. L'Evento non c'è. Faccio tardi. Al cellulare, dico alle mie guide di entrare senza aspettarmi fuori, altrimenti rischierano di perdere il fischio d'inizio. Nessuno in fila né controlli, perciò mi ritrovo rapidamente alle sbarre girevoli. Io di fronte a lui, il tornello, con quel senso di ineluttabilità che ti prende quando scegli il varco al casello autostradale. Ho un'arma in mano: un abbonamento di Curva Nord (quella più easy) settore H, o forse M, con pollice opponibile a coprire la foto. L'anta girevole di metallo è pronta allo scontro. Cerco un buco in cui infilare la tessera, ma non lo vedo. Ma c'è una riga verde sullo stipite d'accaio.

Penso ai badge ministeriali, quelli che appoggi sulla cellula e spalancano le porte a vetri. E allora comincio a sbattere e a spingere l'abbonamento sull'armatura metallica del tornello, sperando di interrompere la traccia di qualche fotosensore. A passi lenti si avvicina un addetto alla sicurezza piuttosto perplesso. Mi osserva sbattere solitario una tesserina plastificata su un pannello. Intanto, la partita dentro starebbe per iniziare. Data la performance da Mr. Bean, non deve essere proprio un ultrà, conclude: chissà perché stasera gli amici lo hanno mandato da solo a guardare la partita.

Mi rendo conto del fallimento della copertura e comincio a farmela addosso. Alzo istintivamente la guardia sul volto, quando l'addetto alla sicureza allunga la mano verso di me. Nascosto dietro l'ascella, pronto ad ammortizzare il colpo, lo intravedo strapparmi la tessera dalle dita, infilarla nella fessura mezzo metro più a destra, restituirmela e indicarmi il tornello senza una parola. Entro, e mi affretto alla curva pensando che è più difficile rubare un libro da Feltrinelli.

La partita quasi non la vedo. La Curva Sud è così lontana che i tre gol lì sotto non capisco nemmeno chi li abbia fatti. Passo il tempo a chiedere al vicino "Chi ha segnato?", rovinandogli la serata. La Roma pareggia 2-2 al novantesimo rubando un gol all'ultima in classifica. Il triplice fischio sarà seguito da molti altri. 

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